Ipertensione arteriosa

Ipertensione arteriosa

Le statistiche dicono che a soffrire di ipertensione arteriosa sono almeno 17 milioni di persone in italia. Stiamo dunque parlando di un terzo della popolazione italiana che ha problemi di ipertensione o comunque soffre di pressione troppo alta.

Ovviamente non si tratta di un disturbo che affligge solo il popolo italiano, in quanto la situazione è simile anche nel resto della popolazione mondiale.

Quando si parla di ipertensione, ci si riferisce alla ipertensione arteriosa, ovvero, a valori di pressione pari, o superiori, a: 160/95 mmHg.
La cosiddetta “condizione di rischio” è per i soggetti che hanno valore della pressione sistolica compreso fra 140 e 160 mmHg e quello della pressione diastolica compreso fra 90 e 95 mmHg.

Le cause della ipertensione arteriosa

A questo punto, che tu soffra di questo disturbo o no, certamente ti sarà capitato di sentir dire che è il sale (Sodio) la causa della pressione alta
Sono tanti anni che sentiamo ripeterlo e ormai ci siamo convinti che questa sia una verità assodata.
Purtroppo le cose non stanno così e lo dimostra il totale fallimento delle diete iposodiche. In modo similare, per oltre 30 anni, ci è stato detto che il burro era dannoso e che invece bisognava usare la margarina. Poi si è venuto a sapere che i grassi idrogenati della margarina sono estremamente pericolosi e il Burro è stato “scagionato”.

Ebbene, nei prossimi anni, assisteremo alla stessa storia che vede protagonista il Sodio come causa dell’ipertensione. Ma se non è il sale la causa dell’ipertensione, allora, chi è il vero colpevole?
Certamente il Sodio è coinvolto nel processo, ma non costituisce, in alcun modo, la causa scatenante del problema pressorio.
Quando abbiamo parlato del Sodio, abbiamo già spiegato che la vera causa dell’ipertensione è la ritenzione idrica, in quanto provoca:

  • aumento del volume di acqua nel sangue
  • riduzione dell’elasticità dei vasi sanguigni (per via dell’irrigidimento dei tessuti cellulari)

La ritenzione idrica, a sua volta, è scatenata dall’azione di un ormone: l’aldosterone. L’eccessiva produzione di aldosterone induce i reni a: 

L’aldosterone viene prodotto su stimolo dell’insulina… e quando si parla di insulina, si parla di eccesso di carboidrati. Basti pensare che circa due terzi dei soggetti insulino-resistenti (a rischio di sviluppare Diabete) soffrono di pressione alta. Ovviamente non si tratta di un caso.

In che modo l’eccesso di carboidrati provoca ipertensione?
Ogni volta che mangiamo carboidrati, per impedire l’innalzamento della glicemia e scongiurare il coma glicemico, il nostro pancreas produce insulina che a sua volta attiva la produzione di aldosterone.
L’insulina obbliga le cellule ad assimilare lo zucchero (glucosio) e dal momento che il sodio consente di regolare l’osmosi dei fluidi, al fine di assimilare glucosio dalla matrice extracellulare, i reni vengono obbligati a trattenere sale.
Il risultato di questa catena di eventi è proprio la ritenzione idrica che, a sua volta, innesca la pressione alta (poiché vi è l’aumento del volume di acqua nel sangue).

Invece, per quanto riguarda il sale, se mangiamo troppo sale, il nostro corpo ha un metodo assai efficace per liberarsi del sale in eccesso: lo stimolo della sete. Infatti, bevendo di più, i reni hanno modo di smaltire il sale in eccesso con le urine.

Come guarire dall’ipertensione

Alla luce di quanto spiegato (per conferma, basta consultare un manuale di medicina) appare evidente che non serve a nulla ridurre il consumo di sale se si continua a mangiare cibi ricchi di carboidrati.
Per combattere l’ipertensione e quindi, normalizzare la pressione, è sufficiente modificare le proprie abitudini alimentari.
Stiamo parlando dell’alimentazione in stile Paleolitico che, per milioni di anni, ha consentito ai nostri progenitori di vivere in salute, nonostante la totale assenza di igiene e comfort.

Si tratta di eliminare tutti i cibi che contengono carboidrati amidacei (Pasta, Pane, Pizza, Riso, Patate, Legumi ecc.) e consumare poca frutta. Il fruttosio (lo zucchero della frutta) non alza la glicemia, però è comunque uno zucchero e dal momento che il nostro fegato è in grado di “immagazzinare” zucchero per non più del 10% del suo stesso peso, è bene non eccedere. Il meccanismo di regolazione delle scorte di glicogeno è modificato dall’insulina.
Quando le riserve di glicogeno sono al massimo, il corpo è costretto a immagazzinare l’energia in un’altra forma, una forma più compatta: il grasso (ecco perché si ingrassa).
Arrivati a questo punto, l’azione dell’insulina diventa negativa, poiché da agente energetico, diviene agente “ingrassante”, in quanto il surplus di carboidrati viene trasformato in grassi.

Un interessante studio ha messo in evidenza quanto segue:

coloro i quali consumano giornalmente più di 74 g. di fruttosio, hanno all’incirca un aumento del 77% del rischio di pressione sanguigna in un range 160/100 mmHg.

Dal momento che i livelli normali di pressione (rispettivamente diastolica / sistolica) sono: 120/80 mmHg, stiamo parlando proprio di ipertensione.
Consumare 74 grammi di fruttosio al giorno è più facile di quanto si possa immaginare, poiché il fruttosio si trova in:

  • cibi confezionati
  • dolci, snack
  • succhi di frutta
  • bibite gassate
  • bevande energetiche

Il consumo di Fruttosio andrebbe mantenuto sotto i 25 g. al giorno. Per chi volesse approfondire, il libro del Dr. Richard Johnson: “The Sugar Fix ci spiega in che modo un eccesso di fruttosio rappresenta un rischio per la salute.

The Sugar Fix
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